Le cascate di ghiaccio: breve vademecum del ghiacciatore


Le cascate di ghiaccio sono a tutti gli effetti un vero capolavoro della natura.

L’acqua scorre inesorabile dai ghiacciai fino al mare dando movimento alla natura circostante, apparentemente statica. Fluisce verso valle in maniera inarrestabile come le lancette di un orologio che battono i secondi, uno dopo l’altro. Verso il mese di novembre, poi, il tempo sembra rallentare tutto d’un tratto: è l’arrivo del freddo che, goccia dopo goccia, immobilizza i corsi d’acqua minori fino a scolpire dei castelli incantati fatti di ghiaccio. Le forme sono molteplici e ci si può divertire a riconoscerne le similitudini coi fiori, le piante, le stalattiti, le stalagmiti, e mille altre. L’ambiente che si viene a creare è spettacolare e incantevole, di sicura attrazione per tutti, in modo particolare per coloro che praticano l’arrampicata.

I primi passi di arrampicata su muri ghiacciati risalgono all’inizio degli anni Settanta in ambiente di alta montagna, per le cosiddette “goulottes” e pareti. Walter Cecchinel fu uno dei precursori della tecnica “piolet-traction”, utilizzata oggi proprio per la scalata sulle ripide colate di ghiaccio.

Con il passare del tempo, e si arriva agli anni Ottanta, gli alpinisti hanno cominciato ad affrontare quei castelli incantati che si formano tra i 1000 e i 2500 metri circa, inventando a tutti gli effetti una nuova disciplina: IL CASCATISMO. La grossa differenza rispetto a ciò che si era scalato fino ad allora, è la materia prima: un ghiaccio che deriva direttamente dall’acqua, e non dalla trasformazione della neve in esso.

Le piogge autunnali, lo scioglimento della neve e le sorgenti del sottosuolo alimentano quei corsi d’acqua che, con il gelo, per somma di strati o polverizzazione in caduta, formeranno le cascate di ghiaccio. Più lento sarà lo scorrimento e minore il volume trasportato, più veloce sarà la formazione. Più portata d’acqua e più velocità, necessiteranno di maggior freddo prolungato per consolidare le strutture ghiacciate. Queste poche informazioni, che arrivano da un’attenta quanto semplice osservazione della natura che ci circonda, ci forniscono elementi di valutazione primaria fondamentali per poter acquisire esperienza e poter valutare la morfologia di una colata. É di importanza assoluta conoscere il nostro obiettivo e la sua storia, per poterlo affrontare nel migliore dei modi. Le guide cartacee dedicate ci forniscono degli elementi interessanti e sempre più completi per poter studiare una colata che non si conosce. Ma sarà solo la prima di una lunga serie di attente valutazioni che andremo a fare prima di cominciare la scalata vera e propria.

Le cascate di ghiaccio non devono essere considerate come una trasposizione invernale dell’arrampicata estiva in falesia, questo per via dell’elemento ghiaccio, ben diverso dalla roccia per la sua fragilità, e soprattutto per via delle componenti ambientali mutevoli e “potenzialmente” pericolose in cui le stesse colate si trovano. Bisogna maturare molta esperienza per poter affrontare una cascata di ghiaccio in buona sicurezza, un’esperienza che arriva dall’assidua frequentazione della montagna, al di là del gesto tecnico e del grado, un’esperienza acquisita con lo spirito di osservazione e con la curiosità del voler capire e sapere.

Le domande che andremo a porci per una scelta tecnica preventiva del nostro obiettivo sono le seguenti:

  • qual è il mio livello?
  • è una salita tecnicamente alla mia portata?
  • quale margine di grado ed esperienza ho per affrontare questa salita?
  • i miei compagni di cordata sono in grado di affrontare questa salita?
  • in caso di problemi che coinvolgono me o i miei compagni, sono in grado di gestire la situazione?

Durante la fase primaria di valutazione andremo a esaminare a priori anche le componenti ambientali. Una colata di ghiaccio non è racchiusa in una bolla, ma inserita in un contesto montano che può nascondere insidie, anche qualora elementi climatici locali possano fuorviarci nella valutazione. Per questo è fondamentale estendere la nostra osservazione ad ampio raggio, prima a casa con cartine e guide topografiche, poi durante il tragitto in auto, così come durante tutto il percorso di avvicinamento.

Queste le domande da porci per una valutazione ambientale della salita:

  • quale esposizione al Sole ha la cascata?
  • quali sono i pericoli oggettivi?
  • è una valle incassata o aperta?
  • durante l’avvicinamento sarò esposto a pericoli oggettivi?
  • lungo quale itinerario avverrà la discesa?
  • con quali tempistiche affronterò la salita e la discesa?
  • in base alle tempistiche previste, potrò essere esposto a pericoli oggettivi causati dal ciclo climatico giornaliero (che col passare dei mesi cambia radicalmente)?

Uno degli errori più comuni è quello di trovarsi su una cascata apparentemente all’ombra pensando di essere al sicuro proprio perché non è lambita dal sole in modo diretto. Le cascate di ghiaccio si formano, a priori, in luoghi potenzialmente pericolosi in quanto prendono forma lungo colatoi più o meno lunghi. Col fatto che fa freddo, e che sull’itinerario stabilito siamo all’ombra, ci sentiamo al sicuro.

Ma cosa succede invece intorno a noi? Cosa succede ai pendii nevosi che si trovano magari a 500/600 metri sopra la nostra testa? Noi siamo all’ombra perché la valle è incassata, ma sopra di noi, dove i raggi solari raggiungono agevolmente i costoni, la temperatura è di gran lunga superiore, talvolta anche molto sopra allo zero, e questo può causare valanghe, frane, caduta di ghiaccio e compromettere la nostra sicurezza. Per questo è di fondamentale importanza non limitare il nostro interesse al solo grado tecnico di una salita, ma di estenderlo con curiosità e timore a tutto l’ambiente circostante, fin dal tragitto in auto che ci accompagna verso la nostra meta.

Risalendo una vallata possiamo farci già una buona idea dell’innevamento generale, così come durante il percorso a piedi potremmo valutare la morfologia del terreno circostante. Una volta raggiunta la base del nostro obiettivo della giornata, e avendo dato risposte alle nostre precedenti domande, possiamo finalmente passare all’azione. O forse non ancora.

E’ importante fare un’attenta valutazione delle condizioni della cascata prima di attaccarla.

 

I nostri sensi possono aiutarci molto in questo: l’udito e la vista sono preziosi per capire se la struttura ghiacciata è solida. Il colore, la morfologia del ghiaccio, la sua umidità, la presenza di acqua che corre in superficie, o tra il ghiaccio e la roccia, sono elementi che ci parlano:

  • ghiaccio verde/azzurro, semi trasparente: è un ghiaccio duro e compatto, con bassa presenza di aria tra i cristalli; è il ghiaccio più “sicuro”, frutto di una glaciazione lenta;
  • mix di grigio, bianco e trasparente accompagnato da acqua che cola e cristalli di ghiaccio molto fragili: cascata in via di formazione e consolidamento;
  • bianco superficiale: indica una prolungata esposizione al sole, e/o una recente nevicata e/o sbalzi termici negli ultimi 3 o 7 giorni;
  • trasparente: assume il colore grigio a causa di minuscole bollicine d’aria contenute all’interno. E’ sintomo di una glaciazione repentina, data da un improvviso calo delle temperature; tendenzialmente non è ancora consolidato con gli strati limitrofi;
  • grigio biancastro per tutto lo spessore della colata: si trova in presenza di una cascata in scioglimento a causa di prolungate temperature troppo alte. Se al colore si accompagna l’acqua che cola tra roccia e ghiaccio, allora la colata rischia il collasso;
  • la presenza di acqua che cola è un elemento che deve sempre destare attenzione.

Pronti, partenza, via! Si parte! L’ultimo grado di valutazione è quello in tempo reale, lungo tutta la nostra salita. A ogni metro che percorriamo non dobbiamo abbassare la soglia di attenzione, a tutti i livelli di scalata. Dobbiamo rimanere in allerta per ogni eventuale variazione strutturale, ambientale e climatica.

Oggi disponiamo di tutti i mezzi necessari per formarci e informarci. Esistono corsi, scuole, professionisti, bollettini meteo, bollettini neve e valanghe, guide topografiche che ci possono aiutare a imparare e a fare un buon quadro della situazione di un luogo a noi più o meno sconosciuto. Queste informazioni, in linea di massima, dovrebbero essere affidabili, ma sono solo un punto di partenza.

Esiste, poi, una serie di mezzi telematici per raccogliere informazioni come blog e social media: di questi bisogna assolutamente diffidare, o selezionare in modo accurato. Possono agevolare la raccolta di dati, ma sono sempre soggetti a una valutazione umana che non è la nostra, avvenuta in un’altra data, la cui obiettività è compromessa dalla personale interpretazione dei fatti, dalle proprie sensazioni, dal cambiamento climatico tra la pubblicazione e la nostra ipotetica salita. Se leggiamo che una certa cascata è stata percorsa da tal “dottor Rossi”, QUESTO NON È SINONIMO DI BUONO, SICURO, ADATTO. Significa solo che quel giorno il “dottor Rossi” è riuscito a portare a termine la salita e quindi è felice. L’ultima parola spetta a noi, in seguito a un’attenta analisi basata sulla nostra esperienza e su coloro che possono consigliarci.

La montagna non è mai a rischio zero, ma questo piccolo vademecum del ghiacciatore può essere utile per non commettere errori madornali che potrebbero costarci la vita. Curiosità, interesse, voglia di imparare e umiltà, sono alla base di qualsiasi escursione ben riuscita. Come dicevano i vecchi: alpinista che torna, buono per un’altra volta!

Buon ghiaccio a tutti!