
Si parte verso la Egger
Proseguiamo con la seconda puntata del racconto di Ermanno:
“Passano solo 24 ore e siamo già di nuovo sotto il peso dei nostri sacconi. Arriviamo al Paso Marconi per poi scendere alle ultime rocce dove abbiamo il resto della roba. Prepariamo il nostro primo pasto liofilizzato e passiamo la notte. Il giorno dopo ci svegliamo al buio e così verso le 8 siamo già al Marconi. La giornata è splendida e piano piano allestiamo le nostre slitte con tutti i sacconi. Nel primo pomeriggio siamo al Circulo de los Altares e, con fatica, facciamo la salita che porta al “Filo Rosso”. Quel posto famoso così battezzato dai Ragni di Lecco per i loro tentativi alla ovest del Torre.

Il team con il pesante bagaglio a El Chalten prima di lasciare la civiltà
“Di nuovo qua” mi dico.
La mia prima volta qui fu nel 1997 quando con Adriano Cavallaro facemmo un tentativo alla Ovest della Egger. Poi con Mauro Giovanazzi, nel 1998, aprimmo la via “La Gioconda” al pilastro dei Falchetti alla Punta Herron. E così, la mia vita negli ultimi anni è continuata nel tentativo di salita della Ovest della Egger, proprio in centro alla parete. Infatti, questa lunga storia inizia nel 2013, prosegue nel 2014, nel 2016… e ora di nuovo qui. Di nuovo a scavare il buco nella neve, la nostra casa bianca, che chiameremo la casita de los Tehuelches, gli indios che vivevano in Patagonia.

Lungo il sentiero che porta alla Piedra del Fraille

La capacità di carico dei nostri Zenith è stata sfruttata a pieno
Iniziano subito i viaggi sul ghiacciaio per arrivare alla base della nostra via. La nostra prima “gita” vera e propria in parete dura quattro giorni tra arrampicate e riposi appesi nelle nostre casette-tendine da parete, le porta-ledge da due posti. Poi il maltempo ci rimanda giù e rimaniamo fermi in truna. Attendiamo che il tempo migliori un po’. Il nostro unico collegamento col resto del mondo avviene grazie al satellitare che, raramente usiamo per telefonare, ma che ci serve per ricevere le mail con il meteo dal nostro amico Rolo Garibotti (noto alpinista con una grandissima esperienza in Patagonia, dove vive alcuni mesi l’anno), la persona più affidabile per questo compito. Il tempo fa sempre schifo e così il 6 novembre decidiamo di tornare al Chaltén. Il tempo è pessimo e c’è sempre vento molto forte. Anche con il vento in faccia ma leggeri in quattro ore siamo al Marconi. Decidiamo di scendere per il nuovo tracciato, dove ora passano tutti, dalla Laguna Catorce, allungando di fatto il percorso e verso le ventuno e trenta, dopo ben quaranta chilometri, concludiamo la nostra ‘passeggiata’.”

Finalmente il team mette i piedi sullo Hielo Continnetal, il più grande e impressionante ghiacciaio sulla terra (poli esclusi)
(continua…)