
Giovanni Zaccaria in Marocco: l’arrampicata a Taghia
«Sperduta in mezzo ai Monti Atlas del Marocco si trova Taghia, che in berbero vuol dire “canyon”. Per raggiungerla bisogna uscire dal mondo ed entrare, aiutati dai muli per il trasporto dei materiali, in un mondo parallelo. Scalare a Taghia significa addentrarsi in canyon rumorosi e altissimi, per raggiungere pareti rosse di calcare compatto, tagliente e abrasivo.
Un luogo semplicemente fantastico, perfetto per vivere in pienezza il piacere dell’arrampicata! Ma significa anche vagare per gli altipiani seguendo i sentieri nascosti dei pastori, parlare a gesti con gli abitanti locali che paiono uscire da un’altra epoca, sorseggiare tè per scaldarsi mentre l’inverno entra nelle case in terra e pietre, senza riscaldamento e senza porta. Ci hanno provato a costruire una strada per portare a Taghia la civiltà, ma poi fiume e montagne si sono ripresi i loro spazi, lasciando ai muli il loro ruolo, essenziale, di mezzi di trasporto e di lavoro. Taghia rimane così nel suo mondo, baluardo di una natura ed una umanità arcaica e affascinante».
Le vie salite in 9 giorni a Taghia:
Axe du Mal, Tadrarate (7c, 500mt)
Tout pour le club, Oujdad (7c, 250mt)
Susurro Bereber, Paroi des Sources (7b+, 285mt)
Zebda, Paroi des Sources (7b+, 260mt)
Baraka, Oujdad (7b, 680mt)
Classe Montagne Epinal, Paroi des Sources (6c+, 200mt)
Canyon Apache, Ifrig Akka n’Tafrawt (6c, 280mt)
Ciao Giovanni,
Raccontaci come mai proprio Taghia… Era la prima volta per te? Da quanto programmavi questo viaggio?
Con Matteo Baù abbiamo iniziato a pensare a Taghia ad agosto, mentre scalavamo insieme in Dolomiti. Per tutti e due era la prima volta a Taghia, eravamo curiosi di toccare con mano la roccia rossa che nei libri e nelle parole degli amici ha la fama di essere tra i calcari più belli del mondo. Poi all’ultimo si è unito, anche se solo per quattro giorni, Andreas Renner, un amico austriaco. Non aveva molto tempo a disposizione, ma dopo una veloce visita con la ragazza qualche anno fa, era rimasto incantato dal luogo, ed ha deciso che valeva la pena tornarci anche se solo per poco.
Dalle foto che ci hai mandato abbiamo potuto intuire che la situazione meteo non è stata proprio “tiepida”… abbiamo visto anche pareti imbiancate di neve. Tutto previsto perché siete andati un po’ in tarda stagione o invece il periodo era quello buono e ci si è solo messa un po’ di sfortuna?
Taghia si trova a 1800 metri, le cime circostanti arrivano fino a quasi 3000 metri. Tuttavia, complice la latitudine geografica, le condizioni migliori si trovano in primavera ed autunno. Nei primi giorni del nostro viaggio l’inverno ci ha fatto una visita inaspettata, ma solo per qualche giorno.
Nonostante questo, in 9 giorni vi siete dati un bel daffare: 7 vie in 9 giorni tra cui un paio oltre i 500 metri… quale ti è piaciuta di più e hai un aneddoto particolare che ti ricorderai di questo viaggio?
Non ho vissuto questa scorpacciata di vie come una sterile collezione. Ad ogni giornata lego un ricordo particolare; sulla via Zebda abbiamo dovuto calarci sotto una gelida bufera, fradici e tremanti. Siamo poi tornati sulla parete dall’alto per finire gli ultimi tre tiri, in uno dei due giorni di riposo attivo che ci siamo concessi!
Motivati a scalare anche il giorno seguente alla nevicata, abbiamo scelto una parete al sole. Ma questa era comunque bagnata di colate d’acqua, c’era neve e ghiaccio da togliere dalle prese e “spindrift” dall’alto. Anche se era una via sportiva, l’abbiamo vissuta come una gran avventura alpinistica!
L’ultimo giorno, sulla via Baraka, il nostro fisico ha iniziato a ribellarsi, i piedi urlavano dentro le scarpette e le mani ci facevano male anche solo a toccare la roccia. Arrivati in vetta all’Oujdad però, la cima più panoramica che domina Taghia, abbiamo dimenticato ogni sofferenza. Baraka significa “sazio” in berbero, e in quel momento ci siamo sentiti veramente sazi di arrampicare.
La via per me più bella comunque è stata Axe du Mal, 14 tiri in 500 metri principalmente sul grado 7a, obbligatorio ma mai pericoloso. Roccia da favola, difficoltà omogenee, sicuramente una delle vie più belle che ho mai salito.
Quali prodotti del brand Climbing Technology hai scelto di portare?
Oltre a tutta l’attrezzatura personale, avevo i rinvii fly-weight evo, leggerissimi e ingombranti quanto due sacchetti della magnesite. Avevo poi lo zaino Azimut, un perfetto sacco da recupero per una veloce cordata da due. Nei giorni che c’era anche Andreas invece, lo zaino Craggy riusciva a contenere il materiale di tutti e tre.
Perché consiglieresti a un climber di partire per scalare qui?
La roccia è di qualità super, arrampicare è veramente un piacere. Una spedizione a Taghia è abbastanza semplice da organizzare, e parecchio economica. Dopo un giorno di viaggio ci si trova catapultati in una realtà fuori dal mondo, e per i giorni di permanenza si vive ad un ritmo rilassato, scandito solamente dalle preghiere cantate del muezzin, dal tè berbero e dal tajine.
Gli abitanti berberi locali sono ormai abituati alle visite degli scalatori nell’area, immagino, no? Come interagiscono con loro?
Le 600 anime che vivono a Taghia conducono una vita semplice e per certi versi arcaica, arano i campi con un mulo e spaccano le pietre del fiume con delle grandi mazze per costruire i muri delle case. Tuttavia da una trentina d’anni le visite degli scalatori si sono fatte più frequenti. L’inglese non sempre basta per comunicare, e bisogna passare al francese o più spesso al linguaggio dei gesti. Tutti sono comunque gentili e cordiali.
Ahmed, il “rifugista” che ci ospitava, sfanalava con la torcia quando la notte ci coglieva al rientro da qualche via, e cercavamo esili tracce di capre lungo i versanti dei canyon. Anche se eravamo stanchi, dispersi per le montagne di un paese straniero, era semplicemente bello sapere che qualcuno ci pensava e ci mostrava la sua presenza, come a dire che il suo rifugio era laggiù, ci stava aspettando. Al ritorno, qualsiasi ora fosse, trovavamo zuppa calda, tajine, ed il suo sorriso caldo dietro la porta aperta.
Pensi di aver conosciuto a sufficienza il posto o sei ripartito con ancora tanti itinerari che ti sarebbe piaciuto ripetere? Senti che prima o poi ti verrà la voglia di tornarci ancora, magari per un viaggio con dei clienti?
Ho già voglia di tornare a Taghia! Ci sono moltissimi itinerari che mi piacerebbe ancora salire. Poi c’è da dire che la nevicata ci ha spinto a scalare principalmente in placca, dato che le fessure erano bagnate. Ci sono però anche bellissime vie tradizionali e di incastro che non abbiamo neanche potuto assaggiare! Sto anche sognando di poter condividere un giorno questo viaggio con dei clienti. Il posto si presta bene per arrampicatori che scalano sul livello 6a-6b in falesia ed hanno voglia di imparare a muoversi su vie sportive multipich. O semplicemente per chi ha voglia di un viaggio molto avventuroso ma non lontano da casa, coniugando l’arrampicata su delle pareti tra le più belle del mondo con la scoperta di un paese ed una cultura molto affascinanti. In fondo l’arrampicata è solamente una ottima scusa per viaggiare e scoprire qualche angolo del mondo!
- Ph. Matteo Baù
- Ph. Matteo Baù
- Ph. Matteo Baù
- Ph. Matteo Baù
- Ph. Matteo Baù
- Ph. Matteo Baù
- Ph. Matteo Baù