Giordani, tre “gringos locos” e quel capolavoro incompiuto sul Piergiorgio


Ci sono obiettivi che rimangono lì. Tentativi falliti a sogni rimasti in cassetti lasciati socchiusi. E di cassetti socchiusi il nostro testimonial Maurizio Giordani nel suo girovagare per un’intera vita tra le montagne del mondo ne deve avere riempiti ben bene parecchi.

E, ogni tanto, trova il momento opportuno per riaprirli ed estrarre dal passato nuovi obiettivi futuri. Da lì il passo è breve.  Coinvolgere altri compagni, spesso molto giovani e determinati che, affiancando la sua vasta esperienza su tante pareti spesso inesplorate del mondo, possano accompagnarlo in questa avventura e… partire.

Maurizio, in cordata con Hervè Barmasse, e insieme al duo Francesco Favilli-Mirco Grasso, è infatti appena ripartito per la Patagonia, che in questa stagione offre le migliori condizioni per le ascensioni, condizioni tuttavia che, si sa, in questa parte del globo sono sempre estremamente rare e difficili da cogliere.

Giordani in passato ha infatti già scalato su questa parete, la via che si vuole salire corre infatti nella parte centrale della parete del Cerro Piergiorgio NW (2719 m), una delle più belle e difficili del mondo, alta circa 900 metri e posta a sentinella dell’infinito ghiacciaio dello Hielo Continental.  È un progetto incompleto, da lui iniziato nel 1995 con Gianluca Maspes, interrotto dal cattivo tempo a 21 lunghezze di corda dalla base, che chiamarono “Gringos Locos”. Gli stessi salgono, nel 1996, la linea sulla cresta est di sinistra chiamando la via “Esperando la Cumbre”. Il team è partito il giorno 10 Dicembre e rientrerà ai primi di gennaio. La strategia di salita sarà all’insegna della velocità e leggerezza, con bivacchi in parete su amaca e utilizzo di pochissimo materiale di progressione, il minimo indispensabile. Climbing technology ha scelto di sostenere il progetto fornendo loro il materiale necessario.

Poi, come sempre in montagna ma forse in Patagonia più che in qualunque altro luogo del mondo, l’ultima parola, in quella terra dove il vento spazza le montagne come “la Escoba de Dios” come dicono i locali, spetterà al meteo. Intanto in bocca al lupo, anzi, “buena suerte!” ai quattro alpinisti.