Climbers e tendinopatie


«Le tendinopatie, comunemente note come problematiche dolorose ai tendini, sono disfunzioni tendinee, anche di lunga durata, che spesso impattano negativamente sull’attività lavorativa e sportiva di chi ne è colpito. Tra gli arrampicatori è frequente riscontrare tali disturbi, soprattutto a carico dei tendini degli arti superiori, visto l’importante richiesta funzionale.

 

Il tendine è formato da diverse strutture capaci di adattarsi al carico e modificarsi in base alla richiesta di movimento. Se il carico e gli stimoli sono graduali e proporzionati, il tendine può “rinforzarsi” senza eccessi e aumentare, così, le proprie capacità di essere caricato.

 

 

 

Al contrario, un sovraccarico esagerato crea modifiche a livello istologico (quindi, del tessuto) del tendine, con la conseguente insorgenza di patologia.
Il carico eccessivo, però, non sembra essere il solo fattore scatenante il dolore nella tendinopatia. Infatti, anche in una popolazione più sedentaria, si può riscontrare una sintomatologia dolorosa legata a tendinopatia.
Gli altri fattori che possono contribuire all’insorgenza di tale problematica sono: un’alterata funzione coordinativa muscolo-articolare, una ridotta attività o elasticità muscolare, un’eccessiva rigidità articolare, ma anche fattori intrinseci come l’assetto ormonale (menopausa nelle donne) e il sovrappeso.

 

 

La gestione e il trattamento di una tendinopatia restano oggi una sfida per il terapeuta proprio per la difficoltà di trovare il giusto carico e per la durata dei sintomi. L’obiettivo finale del percorso curativo è quello di restituire al tendine e al muscolo la capacità di carico adeguata alla specifica attività.

La gestione di tale disfunzione deve necessariamente prevedere la riduzione del dolore, una selezione attenta degli esercizi, una strategia di carico progressiva e, soprattutto, la comprensione da parte dell’atleta del problema e del percorso terapeutico.

 

Le fasi di recupero di una tendinopatia possono essere suddivise nelle seguenti:

 

 

 

 

 

 

 

1) Ridurre il dolore
In fase acuta il dolore è continuo, costante e facilmente provocabile.
Le linee guida sul trattamento del dolore nelle tendinopatie sconsigliano l’immobilizzazione e l’utilizzo di tutori di scarico.
Dal punto di vista della terapia strumentale, si rivela efficace l’utilizzo di laser terapia e onde d’urto.
Lo stretching deve essere evitato nella fase reattiva infiammatoria, quindi, nei primi giorni dall’insorgenza del dolore.
L’esercizio isometrico, invece, sembra avere un importante effetto antalgico. La letteratura consiglia di mantenere contrazioni di 50-60 secondi per 4-5 volte, ripetendole più volte al giorno. L’esercizio in questa fase deve essere poco doloroso e soprattutto non incrementare il dolore a riposo.

 

2) Fase di carico:

Superata la fase acuta irritativa (prime settimane) è necessario introdurre nuovamente il carico. Tutte le fasi successive riguardano l’incremento della capacità di carico del tendine, tramite semplici esercizi aspecifici e, poi, specifici e funzionali per la scalata. Il carico progressivo, infatti, sembra essere la strategia più efficace per ottenere risultati positivi.
In questa fase sarà necessario lavorare anche sul dolore per ricontestualizzare la sintomatologia stessa. Infatti, molto spesso, capita che, a causa del dolore, si eviti completamente l’attività o quel genere di movimento. Questa strategia di elusione non permette al tessuto di rimodellarsi correttamente e aumentare le capacità di carico, portando il dolore a cronicizzarsi.

Quindi, come e quanto caricare il nostro tendine?
La letteratura concorda che un programma di esercizi debba durare mediamente 3 mesi, ma che possa essere protratto fino a 6-12 mesi per raggiungere una totale remissione dei sintomi.
Anche qui, l’esercizio sembra essere il trattamento principale. La tipologia di esercizio è variabile. L’esercizio eccentrico è la modalità che raccoglie maggiori consensi, ma un carico combinato sembrerebbe essere migliore.
La quantità di carico, invece, deve essere graduata in base alla sintomatologia dolorosa e alla reazione al dolore. Un buon carico deve produrre un dolore con valore non superiore a 4/10 (su scala numerica, NRS) ma, alla fine dell’esercizio, il sintomo deve svanire completamente o, comunque, non perdurare nelle ore successive.
Il tendine deve essere caricato a giorni alterni, prevedendo sempre una giornata di riposo.

Oltre agli esercizi di carico specifico, è necessario occuparsi anche degli altri fattori che possono contribuire all’insorgenza di tendinopatia.
E’ importante, quindi, tenere in considerazione alcuni aspetti.

  • Rispettare e trattare correttamente la fase reattiva acuta;
  • Non considerare necessariamente un dolore che si avverte a distanza di settimane dall’evento acuto pericoloso per il tessuto, ma sospettare sia legato a una risposta mal adattiva del sistema nervoso centrale;
  • Il carico graduale non ha solo un effetto strutturale sul tessuto, ma anche neuro-cognitivo.

E’ importante, nel momento in cui si presentano dolori muscolo-scheletrici, riferirsi a personale sanitario competente per comprendere meglio il problema ed essere, dunque, avviati a un adeguato percorso terapeutico che dovrà essere necessariamente attivo da parte del paziente».

Articolo a cura di Silvio Reffo