La patologia nel giovane climber


Eccoci nuovamente ad un altro appuntamento di fisioterapia verticale. Negli articoli precedenti abbiamo trattato le diverse patologie che colpiscono comunemente i climbers. Se in letteratura scientifica la patologia arrampicatoria è un argomento poco trattato, questa problematica nel giovane è un tema completamente assente.

L’esigenza, però, di creare una conoscenza di base sulla patologia nel giovane è necessaria soprattutto visto il numero sempre maggiore di giovani praticanti l’arrampicata sportiva.

I distretti corporei maggiormente coinvolti nella patologia giovanile sono senza dubbio sovrapponibili a quelli dell’adulto. La particolarità è che queste aree corporee vengono lesionate con modalità completamente differenti rispetto a quelle dell’adulto, rendendo in alcuni casi la lesione possibile solo in età giovanile. La caratteristica anatomica che rende esclusiva la lesione da sport nell’adolescente è costituita dalla cartilagine di accrescimento. Infatti, l’anello debole nella scala di resistenza allo stress, che nell’adulto è rappresentato dalla giunzione mio-tendinea o dai legamenti, nell’adolescente corrisponde alla cartilagine di accrescimento, in quanto meno resistente alle forze in torsione-distrazione, rispetto all’osso, ai legamenti, ai tendini e ai muscoli. Queste lesioni non sono di certo invalidanti, proprio per questo si arriva tardivamente alla diagnosi e quindi al trattamento.

In presenza di lesioni alle cartilagini di accrescimento nelle zone inserzionali è necessario sospendere l’attività  sportiva totalmente, per permettere al tessuto di ripararsi. Un mancato riconoscimento di tali problematiche può portare anche a importanti deficit immodificabili nel tempo. Ne consegue che la gestione e la preparazione del giovane deve essere accurata e lungimirante, per evitare spiacevoli infortuni.

Caricare eccessivamente o esagerare lo stress sui tessuti, indubbiamente accresce le capacità atletiche del giovane, ma lo mette in condizioni di essere più esposto ad infortuni.

Evitar, quindi, nel modo più assoluto il sovraccarico durante gli esercizi, l’utilizzo di trave, pan gullich e strumenti che lavorano troppo specificatamente su un tessuto che non può sostenere tali carichi. Trovo inutile, se non controproducente, ottenere in poco tempo capacità atletiche notevoli, senza che queste siano sostenute da altrettante capacità tecniche, tattiche e coordinative. Concentrarsi soprattutto su questi ultimi aspetti salvaguarda l’integrità fisica del giovane climber, ma soprattutto darà la possibilità in un futuro di usufruire al 100 delle capacità fisiche atletiche. Se in questi delicati momenti di crescita, si imparare ad utilizzare il proprio corpo, tutte le proposte di allenamento future saranno integrate in un bagaglio di movimento già molto sviluppato.

Dobbiamo immaginare il giovane atleta come una casa da costruire, non possiamo iniziare il lavoro dal tetto (il fisico) ma dobbiamo cominciare dalle fondamenta (capacita’ tecnico-coordinative), se vogliamo che la casa rimanga in piedi.

Silvio Reffo