
Gli infortuni della mano
Eccoci qui, al secondo capitolo dedicato alla patologia e alla prevenzione degli infortuni in arrampicata sportiva. In questa sezione parleremo della mano, dal punto di vista anatomico, pato-bio-meccanico e preventivo.
La mano è l’elemento sensibile della catena cinetica dell’arto superiore, il primo a entrare in contatto con la superficie e, quindi, a ricevere informazioni e adattarsi per trasmettere correttamente la forza sulle prese. Come nelle altre zone del corpo, la mano è costituita da ossa e legamenti, che fungono passivamente da sostegno e trasmissione delle forze, da fibre muscolari e tendini che esplicato un ruolo attivo nell’azione motoria.
La maggior parte della componente contrattile con azione sulla mano (flessori profondi-superficiali ed estensori), non risiede nella mano, ma è a livello dell’avambraccio. Ecco perché un buon equilibrio muscolare tra antagonisti e agonisti, nel segmento craniale, permette una buona funzionalità della mano e un suo minor sovraccarico funzionale delle strutture passive.
I tendini dei muscoli sopra citati, nel momento in cui arrivano alle dita, sono avvolti da una guaina tendinea, un sottile rivestimento che ne permette scorrimento, protezione e nutrimento.
Il tendine viene mantenuto nella sua posizione corretta dalle famose pulegge. Le pulegge sono anelli legamentosi, ancorati all’osso, con lo scopo di mantenere in asse il tendine e migliorare il suo braccio di leva. Tendini, guaine e pulegge costituiscono un’unità funzionale complessa; ecco perchè l’infiammazione, in molti casi, non è esclusiva di un singolo elemento ma può coinvolgere più elementi del sistema funzionale.
La maggior parte dei climbers (circa 3/4) ha sofferto, almeno una volta nella vita, di un infortunio a livello degli arti superiori. Di questi, il 60% circa sono infortuni a carico della mano e, in particolare, al tendine e alla puleggia.
I movimenti ripetuti, l’importante sovraccarico funzionale (grazie anche a sistemi di allenamento molto specifici e traumatici, come il trave e il pan gullich) e la scarsa vascolarizzazione (con uno scarso sistema riparativo-metabolico) fanno sì che questo distretto corporeo sia il più vulnerabile e suscettibile ad infortuni. E’ dunque molto importante educarsi a prevenire, riconoscere e soprattutto rispettare l’integrità di queste strutture.
I diversi studi presenti in letteratura, concordano che la posizione arcuata delle dita in fase di presa, solleciti notevolmente l’unità funzionale, aumentando considerevolmente la probabilità di lesione rispetto ad altre tipologie di presa.
Dal punto di vista clinico la lesione della puleggia si riconosce:
-Dolore alla flessione del dito
-Dolore pungente e severo alla base della prima falange
-Gonfiore e/o ematoma nella prima falange
-Al momento dell’infortunio si è potuto udire un forte schiocco
-Sporgenza del tendine se sono state rotte due puleggie
La terapia che viene consigliata per questa tipologia di infortunio è:
-Immobilizzazione
-Riposo dalle 4 alle 16 settimane in base alla gravità
-FANS (sotto-consiglio medico)
-Ghiaccio
-Riabilitazione
-Protezione con nastro per i 6 mesi successivi (anche se non si avverte dolore)
La Tenovaginite (infiammazione della guaina tendinea e del tendine) dal punto di vista clinico si presenta:
-Dolore profondo e costante alle mani e durante il movimento
-Irritazione
-Gonfiore
-Sensibilità alla compressione
La terapia consigliata:
-Immobilizzazione del dito
-Riposo variabile in base al danno
-FANS (sotto-consiglio medico)
-Infiltrazioni/mesoterapia
-Ghiaccio
-Fisioterapia
-Protezione con nastro
Per la scarsa vascolarizzazione, gli infortuni alle dita sono decisamente più lunghi da recuperare. E’ preferibile quindi cercare di prevenire il più possibile tali eventi lesivi.
Le regole base per prevenire qualsiasi tipo di infortunio in arrampicata ma anche per gli altri sport sono: un’idonea preparazione, dedicando un discreto tempo alla fase di riscaldamento e un allenamento proporzionato e progressivo al proprio momento fisico; un adeguato equilibrio muscolare agonisti antagonisti; una buona flessibilità muscolo-tendinea.
Più nello specifico per l’arrampicata, variare il più possibile la tipologia di prese utilizzate e non fossilizzarsi sull’utilizzo di strumenti di allenamento troppo specifici come il trave e il pan gullich. Preferibilmente in fase di allenamento evitare la posizione delle dita arcuata con il pollice, sostituendola con quella semiarcuata o a dita stese. Evitare di utilizzare prese troppo piccole che non fanno altro che esporre le dita a inutili sofferenze.
Essere progressivi in fase di riscaldamento, utilizzando da prima prese grandi per poi man mano diminuire di dimensione.
Dedicarsi ad ogni seduta di allenamento anche al rinforzo dei muscoli estensori delle dita e del polso, anche in fase di riscaldamento.
-15,20 aperture in estensione delle dita x 4-5 volte
-15,20 aperture laterali delle dita x 4-5 volte
-15,20 estensioni del polso x 4-5 volte con peso 1,2 kg.
Una buona stabilizzazione del polso permette una miglior fissazione delle dita in fase di presa, aiutando anche a prevenire infiammazioni al gomito
A fine seduta eseguire gli esercizi di stretching specifico per flessori ed estensori del polso e delle dita(riportando così l’unità contrattile, ad una corretta lunghezza e flessibilità).
Mantenere la posizione di allungamento massimo per almeno 30-40secondi x 2-3 volte ogni singolo dito. Anche nel dolore cronico, questo esercizio molte volte aiuta a risolvere il problema. Infatti la poca flessibilità del tessuto può causare la compressione della terminazione nervosa.
- estensione
- flessione
Mantenere la posizione di flessione e o estensione per 40-50 secondi per 2-3 volte. L’esercizio può essere eseguito anche abbinando la flessione laterale del capo, per aumentare la tensione fasciale e neurale.
Eseguire piccole e leggere trazioni intermittenti alle falangi delle dita, per favorire il flusso sanguigno e quindi il ricambio metabolico. La trazione del dito e delle varie articolazioni delle dita deve essere molto leggera.
Svolgere una corretta nastratura funzionale in presenza di qualche dolore o al rientro da infortuni più gravi. Applicare il primo anello di cerotto alla prima falange, vicino all’articolazione con la seconda falange. Un secondo strato di cerotto va applicato sulla seconda falange, attorno alla quale dobbiamo fare 2 giri. Applicare un terzo nastro sopra i due di partenza. Mentre stendete il cerotto da una falange all’altra tenete il dito in leggera flessione (circa 30°), per conservare una buona mobilità.
E ora educati a stare bene, non sottovalutate mai il dolore.
Silvio Reffo
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