Chiodare linee nuove


Chiodare nuove linee, dove, quando, ma soprattutto perché…
Scalo da 25 anni e di roccia ne ho vista davvero tanta.
Ricordo ancora i miei primi passi verticali, dove riuscivo ad emozionarmi in piccole falesie dietro casa.
Oggi non riuscirei più a metterci i piedi in quei settori, magari anche bruttini, ma che erano gli unici in quei primi anni. Li raggiungevo in motorino, senza guanti, in inverno, convinto che il freddo mi temprasse le mani. Erano la mia palestra, i miei sogni, il mio laboratorio… la mia fucina verticale.
Con il passare del tempo e l’indipendenza di un adulto, finalmente visiti nuovi posti, falesie e centri di arrampicata più grandi e famosi, conoscere gente con cui condividere questa passione.

Così gli orizzonti si allargano, si ampliano, ci si ammala di scoperta. Ciò che prima era già bello e vicino, ma tutto da scoprire, improvvisamente appare piccolo, conosciuto, antiquato. Cresce il bisogno di cercare qualcosa di nuovo, emozioni, obbiettivi, stimoli, linfa vitale per un “dream catcher” come me.
Nei miei primi anni di scalata ero intento, come tutti credo, a migliorare le mie capacità provando linee sempre più difficili. Ogni tanto mi soffermavo a pensare a chi prima di me aveva vissuto l’esperienza di scoprire quei posti, di calarsi per primo su quella parete vergine, piazzare le protezioni, spazzolarla, pulirla e finalmente provarla, per poi una volta realizzata regalarla al prossimo.
E sì, noi scalatori proviamo un’emozione grandissima quando riusciamo a concatenare una linea difficile che abbiamo provato e riprovato con tante difficoltà. In fondo, penso, stiamo solo scoprendo noi stessi su quell’itinerario, la piccola grande avventura di quella via, se pur di arrampicata sportiva, si è già svolta. La scoperta di quell’itinerario è già stata fatta da una persona soltanto… il chiodatore.
Ecco perché chi chioda un progetto (non il chiodatore seriale intendo) spesso è molto legato alla realizzazione dello stesso e vuole condividerlo solo con gli amici che lo hanno aiutato in quel lungo, faticoso e non scontato lavoro di scoperta.
Passano gli anni, risolvo tanti progetti vicini e lontani da casa e inizio a guardarmi attorno cercando nuove falesie, ma nessuna è capace di catturarmi ed entusiasmarmi, forse perché dopo aver visto tra le più famose e belle pareti europee ed aver salito vie magiche sono in cerca del Santo Graal!
Improvvisamente mi accorgo che nelle falesie di casa, frequentate innumerevoli volte, ci sono ancora delle linee magnifiche rimaste lì dimenticate.

E quindi ecco le mie prime avventure da chiodatore:

Nel 2008 alla Cineteca di Tanarello (Ormea) mi avventuro nella chiodatura di un itinerario pazzesco 40 metri per 30 di strapiombo nasce “Linea mortale” 8c una prima incredibile esperienza.

Nel 2009 alla Piatta di Montemale (Cn) piccola falesia vicino a Cuneo una prua di conglomerato simile alla famosissima “Action directe”, appena meno strapiombante e difficile ma incredibilmente non è chiodata.
Ci passerò l’estate 2009 a provare a risolvere quella sequenza di buchetti e finalmente nasce “Azione Diretta” 8c+/9a ad oggi non ripetuta.

Matteo Gambaro su Azione diretta 8c+/9a, Borgata Piatta, Montemale, Cuneo

Ad Andonno (Cn) celebre falesia del cuneese mi accorgo di un muro ancora vergine e un po’ sporco dove c’è da lavorarci in uno stile leggermente strapiombante su prese sfuggenti, ma nasce nell’inverno 2009
Il Cielo nella nebbia”8b/+

Ci vorranno ancora tre stagioni per venire a capo della ancor oggi non ripetuta “Calibro 38” 8c+

Negli ultimi due anni sto frequentando assiduamente la val Pennavaire che un tempo non amavo particolarmente, riscoprendo vecchie amicizie e un mondo che non avevo ben compreso.
Qui ci sono ancore terre inesplorate, terre, anzi, pareti da conquistare.
Qui è ancora possibile scrivere un po’ di storia verticale e cercare le proprie avventure.
Coinvolto dall’amico Dinda, (Andrea Bisio) instancabile chiodatore della valle e dalla Associazione Rocpennavaire, dapprima ho iniziato a dedicarmi alla pulizia e alla sistemazione degli itinerari più difficili da lui chiodati, rivedendone alcune e liberando le linee più difficili del settore Cineplex.
Nasce nel 2012 “Blow” il primo 8c naturale della val Pennavaire che segna l’inizio di una nuova epoca e scatena, insieme al grande lavoro di Dinda, un nuovo interesse, con numerose visite di forti climbers da tutta Europa e di tanti appassionati incuriositi dalle notizie delle nuove vie e settori nati.
L’inverno scorso, dopo aver ripetuto la via più difficile di Castelbianco “ Premiere “ 8c ed aver liberato un nuovo concatenamento “Last man”8c/+,
scopro una linea dimenticata, la chiodo, scovando una possibile sequenza di movimenti tutti naturali. Il progetto suscita interesse ed attende ancora una mia libera che spero avverrà presto. Un’altra bellissima scoperta.
Questa primavera ho deciso di dedicarmi a un vecchio settore estivo che aveva iniziato un mio caro amico che ha smesso.per ora.. sviluppare le linee che aveva iniziato, aprirne di nuove… tutte estreme.
Prende vita “Time out” 8c la più recente realizzazione.

Non si può certo pretendere di trovare la falesia dei sogni vicino a casa, ma a volte l’avventura è ancora dietro l’angolo, spesso le vie più belle sono le prime ad essere chiodate perché le più evidenti, ma sempre più spesso mi accorgo che può succedere che un piccolo “tesoro” sia ancora da scoprire.
Calarsi dall’alto a volte con non poche difficoltà e pericoli, chiodare dal basso con tanta fatica e veder pian piano nascere un nuovo progetto, è per me un’esperienza nuova. Ha qualcosa di simile alla tracciatura degli itinerari in palestra e di gara. Qui gli appigli e i movimenti non li possiamo creare, siamo noi a doverci adattare a quello che c’è, un po’ come l’atleta fa in gara con l’itinerario preparato per l’occasione. In parete ci sono le regole della roccia e possiamo solo cercare di adattarci ad esse.
La val Pennavaire ha ancora tantissime risorse, scoprirle e valorizzarle è davvero una fortuna.

Matteo Gambaro

Foto di copertina: Michele Caminati

 

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