Silvio Reffo: biomeccanica del corpo


INTRODUZIONE AL CONCETTO DEL CORPO IN ARRAMPICATA

Scalare è un istinto innato nell’uomo: tutti i bambini, quando se ne presenta l’occasione, cercano di arrampicarsi (ad esempio sugli alberi) o di superare ostacoli con una progressione verticale che coinvolge i quattro arti. Trasformare questo istinto in una vera e propria attività sportiva (“arrampicata sportiva”), significa imparare a conoscere il proprio corpo mentre è in attività e a rendere efficace il movimento stesso per risolvere il problema verticale (parete e passaggi) con il quale l’arrampicatore si vuole confrontare.

L’arrampicata è, innanzitutto, ricerca di equilibrio e movimento. Tutti i muscoli, le articolazioni, i legamenti e il sistema neurale (nervi e SNC) collaborano all’unisono per ottenere delle catene cinetiche di movimento e quindi un gesto arrampicatorio funzionale, efficace e soprattutto equilibrato. Un minimo cambiamento o squilibrio, anche di un solo elemento di questo sistema altera l’intera catena cinetica, portando così a possibili alterazioni di altri sistemi. Ecco perchè l’infortunio o il dolore sono solo la punta di un iceberg. E’ bene valutare complessivamente tutti gli elementi della catena cinetica e risalire, quindi, alla causa primaria, non concentrandosi solo ed esclusivamente sul sintomo.

Numerose evidenze scientifiche concordano sul ritenere le seguenti (elencate in ordine di frequenza) le sedi del corpo umano più coinvolte da infortuni in arrampicata sportiva:

  • Mano (dita in primis)
  • Gomito
  • Spalla
  • Polso

Dal punto di vista biomeccanico, ogni gesto si esplica tramite l’alternanza di fasi statiche a fasi dinamiche o, meglio, è il risultato di una complessa combinazione dei due momenti motori. Infatti, non esiste movimento articolare che avvenga in assenza di stabilità di un’altra articolazione, sia essa prossimale o distale. Quindi, per garantire un movimento funzionale ed efficace a livello, per esempio, della mano, sarà necessario ottenere un’ottima stabilizzazione del polso, del gomito, della spalla, del tronco e del bacino. Questa considerazione, infine, non dev’essere applicata solo nell’ambito preventivo ma, anche e forse soprattutto, nel mondo prestazionale. Infatti, innumerevoli ore appesi al trave aumenteranno sicuramente la forza delle dita, ma, senza una buona stabilità prossimale, durante lo stesso gesto in arrampicata, non si riuscirà ad ottenere la stessa prestazione.

Analizzando con attenzione la forza espressa da ogni articolazione, si può notare che la risultante sia composta da due vettori, comunemente conosciuti come agonisti ed antagonisti. L’arrampicata sportiva è un’attività prevalentemente in chiusura, in flessione e poco in apertura; ecco perché si assiste ad un forte sbilanciamento tra i vari gruppi muscolari,con alcuni eccessivamente forti e corti ed altri troppo deboli ed allungati. Un circolo vizioso che, a lungo termine, crea rilevanti danni alle strutture tendinee, legamentose, articolari e, nei casi più gravi, a quelle neurali.

 

Per capire quali sono gli esercizi e le strutture su cui dobbiamo porre più attenzione, bisogna analizzare prima di tutto il nostro sistema posturale.

Molto importante al fine di un corretto funzionamento dell’arto superiore è l’armonia dello scheletro assiale, sostanzialmente rappresentato dal rachide. Fisiologicamente, la colonna vertebrale dovrebbe conformarsi in modo che l’asse verticale attraversi posteriormente il meato acustico e l’articolazione dell’anca, andando così a delineare due lordosi, cervicale e lombare e una cifosi dorsale.

L’ipercifosi dorsale predispone a un aumentato carico a livello lombare così come a un eccessivo stress in estensione del rachide cervicale medio. Quest’ultimo, in particolare, in caso di dolore all’arto superiore, è preso in esame molto dettagliatamente come possibile fonte dei sintomi anche nelle ben note epicondiliti e nelle svariate problematiche che insorgono a carico delle dita. Infatti, è proprio dal tratto cervicale che si dipartono i nervi cranici di controllo di tutti i muscoli dell’arto superiore; quindi, risulta facilmente comprensibile quanto un’integrità a questo livello permetta un ottimale reclutamento muscolare. Nella prevenzione e, soprattutto, in fase di allenamento, si dovrà, quindi, integrare la preparazione con esercizi mirati al miglioramento della cosiddetta “core stability”.

La prima articolazione a livello dell’arto superiore è quella della spalla. Formata da un insieme molto complesso di strutture, essa detiene il primato dell’articolazione più mobile di tutto il corpo. Il risvolto negativo della medaglia è che la notevole possibilità di movimento la rende tanto libera quanto instabile e soggetta, dunque, a moltissime problematiche. Considerato che la spalla orienta e guida la mano nella funzione di presa, in molteplici posizioni, sarà necessario fornirle un’importante capacità di stabilizzazione dinamica.

Il gomito è sicuramente un’articolazione più semplice rispetto alla precedente, ma non meno problematica. È in questa sede che si inseriscono, infatti, tutti i muscoli responsabili dei movimenti delle dita. La funzione principale di questa articolazione risiede nell’orientare e regolare la distanza della mano rispetto al corpo.

E, infine, la mano: una moltitudine di tessuti di diverso tipo che si uniscono a creare questo straordinario segmento corporeo. Un complesso funzionale unico che rende spesso difficile la precisa localizzazione dei sintomi e, di conseguenza, la corretta cura.

Ogni segmento sarà affrontato in maniera più dettagliata prossimamente. Per il momento, ho voluto offrirvi uno spunto sulla complessità del corpo umano e, soprattutto, su quanto sia tanto importante quanto intrigante scalare e allenarsi in modo più efficace ed equilibrato.

Alla prossima!

Silvio Reffo

Foto di copertina: Adriano Carnati

Foto gallery: Alberto Orlandi

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