
Tamara Lunger si racconta in casa Climbing Technology
Tamara Lunger rientrata dalla sua ultima spedizione è passata a trovarci. Con in mano una piccozza firmata da regalare a Carlo Paglioli, uno dei suoi fan più entusiasti, e con un sorriso che ha illuminato lo showroom di Climbing Technology, Tamara ci ha concesso una chiacchierata che ha spaziato da aneddoti sulla spedizione sul Manaslu fino a suggerirci preziosi spunti per nuovi prodotti e sviluppi.
Ti abbiamo seguita ogni giorno durante questa spedizione che tu stessa hai definito “la più bella” della tua vita. Cosa l’ha resa così speciale?
È stata speciale perché anche se conoscevo Simone da tanto tempo ed ero stata con lui altre volte in spedizione, lo avevo visto sempre come il grande alpinista sempre super impegnato che ha mille cose da fare e ha poco tempo da dedicare a chi viaggia con lui. Per questo motivo stavo anche pensando di portare una terza persona in più, anche se poi riflettendoci insieme abbiamo optato per il no e siamo partiti solo in due. Con il passare del tempo è nato un rapporto così speciale che è stato perfetto. Mi sembrava di essere come a casa. Ogni giorno è stato ideale, perfetto e, appunto, speciale. È andato tutto come me lo aspettavo, stavamo bene sia mentalmente sia fisicamente perché eravamo acclimatati. Ci spostavamo velocemente ogni 8 giorni, da un villaggio all’altro e ogni giorno facevamo delle scalate veloci e lunghe. Abbiamo anche trovato l’occasione di fare una via nuova sull’Island Peak. A conti fatti è stata una spedizione che non ci ha dato una cima di 8000 m, ma ci ha dato molto di più nonostante tempi morti.
È vero, siete stati fermi anche diverse settimane.
In fondo non avevamo altra scelta, avevamo ipotizzato di anticipare il rientro e allenarci sul Monte Bianco visto che ci stavamo avvicinando al termine ultimo per considerare la spedizione invernale. Invece siamo rimasti bloccati perché c’era una lista d’attesa lunghissima a seguito dell’incidente aereo che era da poco accaduto. L’unico vero e “ingombrante” problema era sempre la neve. Ci hanno raccontato che erano 38 anni che non nevicava così tanto. La neve era davvero tantissima ogni giorno, sopra il campo base, dove erano scese numerose valanghe, si vedevano dei coni di neve, dove la montagna aveva scaricato la neve, che salivano e aumentavano di 10-15m altezza col passare del tempo.
E non hai mai avuto paura?
Solo una volta, eravamo in tenda e abbiamo sentito un boato, il rumore come se la valanga fosse andata contro la collina sulla quale era il nostro campo base. Sapevamo che il campo era sicuro al 90% ma Karl Gabl, l’esperto meteo austriaco, ci aveva anticipato che sarebbero arrivati tre metri di neve nel week end. Lui non sbaglia mai e, infatti, a seguire, per sette giorni ha nevicato per 24 ore di seguito senza smettere mai per un momento. Noi spalavamo tutto attorno alla tenda anche per cinque ore al giorno fino alle 10.30 nove di sera e poi quando ci svegliavamo la mattina magari era sceso ancora un metro di neve. Dopo qualche giorno passato così, a spalare e a sentire rumori sinistri, abbiamo chiamato un nostro amico pilota, che doveva fare un volo al ultimo vilaggio, Sama, e gli abbiamo chiesto se ci poteva prendere dal campo base perché non era proprio possibile rientrare a piedi. Quando l’elicottero è arrivato, l’abbiamo caricato di tutte le borse e poi abbiamo dovuto aspettare per 6 ore finché potevamo partire, perché il tempo stava peggiorando. Abbiamo coperto le pale dell’ elicottero e abbiamo tolto la batteria per scaldarla con un nostro riscaldatore di gas. Abbiamo chiesto al pilota quale fosse la dead-line per l’orario di partenza: le 17. Quando mancavano ancora 10 minuti alle 5 abbiamo capito che avremmo dovuto rimanere lì a dormire, invece, sorpresa: alle 17.15 si è aperto uno spiraglio nel cielo. In fretta e furia siamo corsi dentro l’elicottero pronti a ripartire. Mentre eravamo in volo non si vedeva nulla fuori, tutto era bianco. Io pregavo, mentre Simone aiutava il pilota a fare dei giri per perdere quota. Quando finalmente siamo atterrati in paese tutti sono venuti a stringerci la mano perché pensavano che fossimo tutti morti. Forse ho avuto paura ma non ho perso il sorriso.
Il tuo sorriso è diventato un simbolo per il TeamCT. Lo sai che ti abbiamo soprannominato Capitano “sorriso degli 8000”? Ti piace?
Prima di tutto devo dire che sono molto onorata di essere il capitano del team. So che la squadra è composta da ragazzi capaci che sapranno fare gruppo e divertirsi. L’epiteto direi che è perfetto per me. Non vedo l’ora di conoscerli tutti.
I ragazzi del team alpinistico sono motivati e hanno tutte le intenzioni a far bene, sia per quanto riguarda le escursioni sia per i consigli all’azienda. Alcuni di loro hanno anche già alle spalle spedizioni importanti sull’Himalaya. Anche i climbers giovani si danno un sacco da fare. Uno di loro è anche fisioterapista quindi se ti dovesse mai servire ti potrebbe fare un buon prezzo.
Benissimo, il mio fisioterapista dice che sono un cantiere infinito, non si finisce mai di sistemarmi. Devo dire che mi trovo molto bene con lui, ormai è da un anno che mi segue e mi piace perché è anche esperto di medicina orientale di cui sono molto curiosa.
Per quanto riguarda i suggerimenti per migliorare i nostri prodotti cosa puoi dirci?
Mi sono trovata bene con l’imbrago, potrebbe essere migliorato in vista dell’alta quota, rendendolo ancora più leggero. Magari inserendo degli inserti in rete mantenendo le chiusure sui cosciali per quando si ha la necessità di sfilarlo con gli scarponi e ramponi o indossato sopra indumenti pesanti.
Invece con i ramponi e la piccozza come ti sei trovata?
Purtroppo non li ho potuti usare molto. Le spedizioni sono arrivate tutte al campo base ma non siamo più riusciti a portarli avanti nei tratti successivi a causa del maltempo ma, per quel poco tempo che li usati, mi sono trovata bene. Il pezzo forte è stata la piccozza. Tenace e forte anche sul ripido. Non ha ceduto un colpo, Simone pensa che io sia la più forte picchiatrice di picca e ridendo dice che io potrei essere un tester: se una piccozza resiste a me allora è buona piccozza. L’unico rammarico è aver perso gran parte del materiale perché è rimasto sepolto sotto metri di neve. Non siamo riusciti a trovare campo1 nemmeno col GPS o riguardando le foto che avevamo fatto.
La ritroverai quando ci tornerai, a proposito, nell’agenda del capitano c’è la volontà di ritornare sul Manaslu?
Io e Simone abbiamo ipotizzato un’agenda di impegni intensa e interessante, ci sono così tante cose diverse da fare che non pensiamo di ritornare presto sul Manaslu. Già questa estate ci sono un paio di progetti che vorremmo portare avanti per i quali ci stiamo già allenando e che ci vedranno protagonisti in patria. Un’anticipazione è certamente quella che vorrei tanto provare il Nanga Parbat d0inverno visto che con Simone ci siamo trovati bene e non abbiamo così tanto patito il freddo dell’inverno.
Non vediamo l’ora di seguire le tue prossime avventure certi di ritrovare una Tamara sempre entusiasta e sorridente come oggi.
P.B.
Ph: Paola Bergamelli
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